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7 modi per far schizzare in alto il ROI con i giusti KPI

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I KPI marketing offrono una panoramica di dati quantitativi e qualitativi utili a individuare la migliore direzione strategica per ottimizzare investimenti ed attività di business. Il problema è che ne esistono tantissimi, e orientarsi nella scelta dei giusti parametri da monitorare può diventare davvero un’impresa.

Noi abbiamo deciso di identificare i 7 migliori KPI marketing per interpretare i risultati delle tue operazioni aziendali... e far schizzare in alto il tuo ROI!

7 KPI marketing, 7 modi per migliorare il ROI

Conversion Rate: il rapporto tra volume di traffico e lead generati

Il tasso di conversione è un KPI fondamentale per valutare l’efficacia del primo step di un funnel di vendita. Esso valuta infatti la capacità di guidare il traffico generato (per esempio da un annuncio) verso una conversione (tipicamente la compilazione di un form di contatto). Il dato è facilmente calcolabile per ogni canale utilizzato, e si ottiene mettendo in rapporto percentuale il numero di conversioni (contatti ottenuti) rispetto ai visitatori unici. Questo parametro va quindi monitorato soprattutto per migliorare i processi di lead generation.

Quando possiamo dire se il CR è alto o basso? Non esiste una regola generale, perché, come per ogni strategia di marketing, tutto dipende dal target prefissato. Questo “relativismo del dato” si incrocia con un’altra annosa questione: quella del numero delle visite ottenute attraverso i canali, spesso sproporzionate rispetto agli utenti realmente interessati a compiere la conversione. Un problema piuttosto classico, che noi marketer riusciamo a risolvere proprio monitorando il tasso di conversione e attuando delle attività che rientrano sotto la sigla CRO. La Conversion Rate Optimization (ottimizzazione del tasso di conversione) permette infatti di comprendere le azioni da intraprendere a livello strategico, comunicativo, strumentale per migliorare le conversioni a seconda del risultato atteso.

Cost per acquisition (CPA)

In relazione alla prima fase del nostro marketing funnel, c’è un altro importante KPI da prendere in considerazione: è il rapporto tra il costo complessivo sostenuto per la promozione e il numero di acquisizioni, il CPA (cost per acquisition). Se il CR ci suggerisce la percentuale di conversioni, il CPA valuta quanto ci è costata una singola conversione.

Ma cosa sia un’acquisizione sta a noi stabilirlo. Per esempio, nel caso di una campagna per app mobile, l’acquisition può coincidere con l’installazione dell’app, oppure, nel più classico dei casi, la lead generation, corrisponde alla compilazione del form. È bene fare questa distinzione perché spesso capita di confondere il CPA con un altro importante indicatore chiave, il CAC, che vedremo comparire tra poco nella nostra lista di KPI marketing. In realtà, il CAC valuta il costo dell’acquisizione di un cliente effettivo, mentre il CPA appartiene a uno step ancora molto lontano dalla fase di vendita vera e propria, e che ancora una volta è “relativo” al target, al canale e all’azione richiesta all’utente.

Rapporto tra lead e clienti effettivi

Se scendiamo un po’ più in basso nel nostro funnel di vendita, troveremo un ulteriore indicatore chiave, ovvero il tasso di conversione finale, cioè quel dato che ci permette di capire la percentuale di conversione da contatto a cliente che effettua un acquisto dall’azienda.

Perché è così importante? Perché potrebbe accadere che sì, siamo stati bravi a generare molti lead, ma la maggior parte di loro ha deciso di fermarsi allo step prima della decisione di acquisto. Anche in questo caso, il dato diventa importante per avviare delle azioni correttive nella nostra strategia di marketing, rivedendo la fase di lead nurturing o la targetizzazione dell’audience.

La cosa sorprendente è che se diamo a questo KPI una sfumatura leggermente diversa, passando dal rapporto tra lead e clienti a quello tra preventivi inviati e ordini effettivi, possiamo ottenere indizi importanti non solo sulle attività di marketing, ma anche sull’efficacia del nostro reparto commerciale. Quanti preventivi sono diventati contratti? Quali fattori hanno influito sull’acquisto finale? Individuare gli elementi decisivi di questa fase di conversione dell’utente a cliente permette di ottimizzare le tecniche di vendita, migliorando le performance generali della tua azienda. E ovviamente il tuo ROI.

Costo per acquisizione cliente (CAC)

Lo abbiamo anticipato prima: un altro dato interessante ce lo rivela il CAC, il customer acquisition cost, che altro non è che la risposta numerica alla domanda “Qual è il costo sostenuto dall’azienda per l’acquisizione di un singolo cliente?”. Se da un lato misura quindi la convenienza a sostenere determinati costi nelle attività di marketing, dall’altro questo KPI dà indicazioni importantissime sul budget da investire nelle stesse.

Valore del cliente medio sul medio e lungo periodo (CLV)

Insieme al CAC, è necessario prendere in considerazione anche il Lifetime Value, ovvero il valore del cliente nel tempo. Questo KPI è importante perché si intreccia a doppio filo con la definizione di marketing intesa come “capacità di creare relazioni solide e durature”. Non transazioni isolate, quindi, ma vendite reiterate che portano continuo valore all’azienda. In altre parole, il mito della “fidelizzazione del cliente”.

Per poter ricavare il massimo da questo tipo di rapporto occorre conoscere il valore del cliente medio sul medio e lungo periodo (Customer Lifetime Value), meglio conosciuto con l’acronimo CLV. Esso misura il valore economico del cliente durante il suo rapporto con l’azienda, e si calcola prendendo in esame la media degli acquisti, della loro frequenza e della loro durata.

Questo KPI marketing offre quindi una descrizione accurata della redditività del cliente, che permette allo stesso tempo di individuare all’interno del nostro parco clienti quali portano maggiore valore all’azienda. Il che ci apre ad una possibilità di nuova e più specifica targetizzazione che, combinata al calcolo del costo di acquisizione di un cliente, il CAC di poche righe fa, ci permette di capire:

  1. Come ottimizzare le campagne di marketing;
  2. Quanto tempo occorre per recuperare l’investimento nelle attività;
  3. Prevedere il guadagno sul medio lungo periodo.

Hai bisogno di altre prove per cominciare a monitorare i tuoi KPI marketing?

Churn rate

Già a proposito del funnel marketing avevamo parlato dell’importanza della fase successiva alla vendita. Del resto, lo abbiamo appena dimostrato con il CLV che non tutto si esaurisce con la singola transazione. Esiste quindi un altro KPI marketing fortemente indicativo della salute del rapporto tra cliente acquisito e azienda, ed è il Churn Rate.

Il Churn Rate misura il tasso di perdita del cliente in un certo lasso di tempo; una metrica in negativo, quindi, che ci indica la presenza di un problema che può dipendere da molteplici fattori, dalla qualità del nostro servizio di assistenza fino alla perdita di appeal del prodotto o servizio. Allo stesso tempo, il Churn Rate è in grado di suggerirci quanti nuovi utenti/clienti dovranno completare il nostro funnel di vendita per coprire le perdite registrate. Ancora una volta, un valido KPI per valutare i nostri futuri investimenti marketing!

E per finire… ROI

No, non si tratta di un colpo di scena finale, ma lo stesso ROI è un importante KPI marketing. Alla fine, tutti gli indicatori chiave di cui abbiamo parlato servono proprio a dare elementi per riuscire a rispondere al quesito più importante: quanto rende il capitale che è stato investito?

Il ROI è in grado di dircelo in una sola percentuale, un unico numero che riassume investimenti, strategie e performance. Il tuo, anzi, il nostro obiettivo, è quello di ottimizzarli e migliorarli continuamente, punto percentuale per punto percentuale.

E, per farlo, non ci resta che cominciare dalla cima del nostro elenco di KPI marketing strategici.

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